La giornalista Alessandra Formica: “Il mio sogno? Spero che un giorno la gavetta fatta bene con passione in qualunque professione, sia premiata.”

Mamma, giornalista e donna di alti significati umani. Alessandra Formica è una di quelle persone che conosce bene il proprio lavoro che svolge con  profondo senso dell’appartenenza. Nelle sue pubblicazioni si riscontrano i valori etici dell’informazione corretta, capace di mettere in rilievo quella ricerca giornalistica che ti fa stare sul pezzo e aggiornarti, giusto per essere sempre pronti a scrivere su ogni cosa accada. Sì, Alessandra Formica è tutto questo perché ha in sé il sacro fuoco della scrittura, così come ricorda lei stessa in questa interessante intervista in cui emerge il tratto di una passione radicata nel tempo. Ed è bello scoprire in lei che è sempre pronta a collaborare con quel gusto di vivere il giornalismo anche con senso critico. Sono doti naturali che non è facile riscontrare in tutti nel proprio lavoro, se questo non si identifica in quel viverlo con il piacere dei principianti,anche se gli anni di esperienza sono valsi a migliorarti. Sì, è bello conservare questa forma romantica di un giornalismo che in fondo fa parte di te, nonostante le difficoltà e tanti altri momenti non facili da superare. A lei auguriamo che presto venga premiata la sua lunga gavetta fatta con passione viscerale. “Non è semplice coniugare l’essere mamma e giornalista, questa professione richiede di essere costantemente informata su cosa succede” – Alessandra Formica, dixit

Alessandra, come nasce in te la passione per il giornalismo? 
Credo di averla sempre avuta. Ricordo che da piccola, avrò avuto otto anni, ascoltavo il tg e poi scrivevo ciò che ricordavo. Quando cominciai l’iter per iscrivermi all’albo, ero orgogliosa di tutte le copie di giornale al cui interno c’erano i miei pezzi. Mia nonna non se ne perdeva uno! Certo era inusuale come mestiere… poi una ragazza! Può immaginare quanti pregiudizi abbia dovuto superare per farmi “rispettare”, per guadagnarmi credibilità. 

 Come fai a far conciliare il tuo lavoro di giornalista con l’impegno quotidiano verso la tua famiglia? Trovi difficoltà?Non è semplice coniugare l’essere mamma e giornalista, questa professione richiede di essere costantemente informata su cosa succede. Milazzo e l’hinterland fanno parte di piccole realtà però ne accadono di cose, anche spiacevoli. Sopratutto in quest’ultimo caso bisogna stare sul pezzo e mettere “da parte” un attimo le esigenze familiari. È inevitabile. Loro, i miei cari, lo sanno e non le nascondo che capiti che si fanno coinvolgere dall’evento che seguo. Forse è un modo per sentire meno la mancanza della mamma a casa.

Tu scrivi per il quotidiano on line “Il diario metropolitano”e segui attentamente la redazione di “Sicilia Oggi”. In che modo riesci a districarti nel fare fronte a tutti questi impegni?
Gioco d’anticipo sulla giornata. Mi alzo presto e prima di iniziare a pieno ritmo la giornata cerco di mettermi in paro terminando qualche pezzo del giorno precedente. Se poi sono graziata dai miei figli… allora la giornata scorre fluida, intensa e veloce ma riesco a tenere il ritmo. Sono fortunata a poter contare sull’aiuto di mia mamma.

Hai mai pensato di espletare il tuo lavoro di giornalista trasferendoti in un’altra città che non sia Milazzo? Oppure sei talmente legata affettivamente a questo luogo in cui sei nata, che non ti sei mai neppure posta questa domanda.

Me la sono posta eccome questa domanda! Ad un certo punto del mio percorso forse sarebbe stato più giusto andare via da Milazzo e cogliere qualche opportunità che mi si profilava. Diciamo che ho scelto di volare basso nel lavoro e prediligere le esigenze della famiglia. È già impegnativo il lavoro di mio marito, allontanarmi anche io avrebbe avuto poco senso a livello di unità familiare. Sarò criticabile per questa scelta, piuttosto inusuale per i tempi magari, ma non me ne pento. 

Nel vasto campo del giornalismo, c’è un settore per il quale ti senti maggiormente portata?
Beh io ho iniziato scrivendo di politica e attualità. Però c’è stata una lunga parentesi al Giornale di Sicilia in cui mi occupavo di calcio. Seguivo le squadre locali e questo è un mondo parallelo…mi viene da sorridere se penso tutte le volte che arrivavo in campo e poi dovendo informarmi su calciatori, formazione, arbitro, per forza di cose stavo all’interno dell’area riservata alle squadre. Diciamo che ho vissuto il campo di calcio pienamente…suscitando non poco imbarazzo per le squadre di calcio. Sa bene che qualche parola colorita può sfuggire e avere una donna tra i piedi… È stata una bellissima esperienza. Ecco, il calcio mi manca. 

 Pensi che la crisi del giornalismo sia maggiormente causata dal proliferare della disinformazione o secondo te ci sono altri motivi?
Sa cosa mi capita? Che spesso la gente si ferma a leggere il titolo del pezzo che ho scritto  e poi essendo una testata online, mi pone nei commenti delle domande che se avessero letto il pezzo avrebbero avuto evidenti. Credo che ci si fermi troppo spesso all’apparenza e questo influisce anche sull’informazione. Non è semplice per noi giornalisti porgere le notizie ma anche per chi legge credo che tendi a travisare la realtà dei fatti. Non sempre la verità piace, da sempre e’ così. Se dici le cose come stanno sei tacciato di essere di parte. È più facile avere credibilità a volte scrivendo fake! Purtroppo si è più attratti da quello ed è un grosso danno per l’informazione e per la cultura in generale.

 La difficoltà di essere donna che lavora” è il tema di un convegno organizzato a Milazzo dall’Università della Terza Età, che ti vedrà partecipare in qualità di giornalista. Come vivi l’attesa di questo incontro culturale in cui probabilmente sarai chiamata a fare delle interviste?
Cerco di stare tranquilla ma l’emozione c’è. So che tra i presenti ci saranno persone che mi hanno visto “nascere” giornalisticamente e ne sento il peso. Poi io non scrivo mai le domande prima di condurre un’intervista, appronto solo appunti e poi, per citare Maurizio Costanzo “le domande si fanno in base alle risposte”…. La Lute è una bellissima realtà, un modo di portare avanti la cultura e tante iniziative finalizzate alla conoscenza. Per me è un onore che mi abbiano chiesto di essere presente e trattare di un argomento che è più che mai attuale. 

 Alessandra, cosa prova una giornalista ad essere intervistata?
Sicuramente è strano. Stare dall’altra parte del foglio, del pc…non ci sono abituata. Però è anche un modo per far conoscere la parte più umana di un giornalista. Troppo spesso bistrattata.

 Chissà quante volte nella vita ti è capitato di emozionarti. E allora qual è l’emozione che ti ha lasciato senza fiato?
Direi nella vita privata la nascita dei miei bambini, due nascite tormentate e al limite della sopravvivenza. Diciamo un incrocio tra la vita e la morte, finito bene grazie a Dio. Professionalmente dopo tanti anni non riesco ancora ad avere la giusta corazza di fronte agli eventi tragici. Proprio quando ho ripreso a scrivere mi capitò di trovarmi sul luogo di un incidente mortale ed essere ad un passo dall’uomo che esalava l’ultimo respiro. Non ci ho dormito per settimane.  E poi mi emoziono tutte le volte invece che grazie ad un pezzo che ho scritto riesco a dare voce ai più deboli, o semplicemente mettere in risalto un problema, una situazione che va chiarita e risolta.

 Per finire, Alessandra. Qual è il tuo grande sogno che hai ancora chiuso nel cassetto e che vorresti realizzare? Ricordo che quando iniziai con il Giornale di Sicilia, un giorno andai in redazione e ne rimasi affascinata. Che vuole, venivo dalla gavetta in una testata di Milazzo “La Città “ molto apprezzata ed ero stata direttore di un giornale  “Terminal” la mia prima creatura che portava la mia firma, registrato al tribunale con il mio nome. Tutte redazioni piccole. Entrare al Giornale mi sembrò entusiasmante. Ecco, professionalmente sogno di rivivere quella sensazione. Anche se i tempi sono cambiati e i giornali online hanno trasformato la magia di ritrovarsi in redazione, così come il profumo dell’inchiostro sul giornale fresco di stampa. Un pensiero forse troppo romantico ma se parliamo di sogni ci può stare. Nel concreto invece mi auguro che la gavetta, lunga e ben fatta, fatta con passione, in tutte le professioni, sia premiata.

Salvino Cavallaro

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